Le squadre punitive antisette

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La lotta contro le sette non conosce ostacoli e molti sedicenti gruppi di tutela alle vittime di tali organizzazioni cercano con ogni mezzo non solo di crearsi un mercato a suon di statistiche e allarmi sociali puramente inventati, ma anche di stratagemmi per condurre una battaglia simile nel nostro bel Paese.

A questo proposito diverse persone stanno iniziando a raccontare dell’espediente ideato da un gruppo specifico che propone aiuto alle vittime. Questo gruppo propone solitamente, senza tante remore, di orchestrare una sorta di ronda punitiva verso la setta “incriminata” dall’interpellante, o del leader o anche verso il famigliare che trasgredisce le regole famigliari e DEVE essere ricondotto sulla retta via.

Così avviene che una persona telefona (solitamente avviene per telefono il contatto) al responsabile del gruppo antisette (solitamente, guardacaso, questi gruppi si battono strenuamente a acriticamente per la reintroduzione del reato di plagio, ma non per l’applicazione della legge vigente in caso di antiplagio faidate) e, dopo aver fornito tutte le delucidazioni del caso e implorato l’aiuto per il proprio parente o conoscente, riceverà una proposta di “squadra vendicativa” che si recherà sul posto, e darà una lezione esemplare al malcapitato di turno, obbligandolo così a lasciare andare la preda.

Naturalmente questa soluzione non ha mai esiti favorevoli, perché queste azioni hanno il solo risultato di far chiudere a riccio il gruppo e sviluppare tutte le strategie difensive del caso… e il parente avrà perso su tutti i fronti. Oltretutto la suddetta operazione è totalmente ILLEGALE, ma viene proposta a caro prezzo, perché il proponente chiede solitamente il pagamento dell’attività, la trasferta in aereo, vitto e alloggio in loco per se stesso e per una fantomatica “guardia del corpo”. Naturalmente è beninteso che è tutto in NERO, perché nessuna attività illegale può essere proposta in maniera trasparente.

La persona che si è rivolta a tale gruppo si troverà quindi davanti a due possibilità: o far compiere l’azione punitiva (al costo di qualche migliaia di euro) o pensare di non avere altre chance per recuperare la presunta vittima di sette. Nel caso poi al malcapitato baleni l’idea di denunciare quanto gli è stato proposto, avrà davanti due spettri: il non avere prove di quanto gli è stato proposto o che, se la sua denuncia arriverà in giudizio, la “ronda punitiva” potrebbe essere applicata a lui stesso o ai propri famigliari e così… meglio tacere.

Anche in questo caso vengono immesse le stesse identiche paure generate nelle peggiori sette. E la persona, che già avrà preventivamente lasciato nella telefonata tutti i suoi dati, vivrà nel terrore di essere a sua volta perseguitata.

Come si esce da questa spirale? Noi raccomandiamo di non tacere davanti ad abusi simili: rivolgetevi ad altre organizzazioni che hanno una visione del problema sette diversa dal vostro interlocutore (possibilmente che sappiano eventualmente dialogare e proporre la mediazione) e raccontate a loro anche questa esperienza, possibilmente dopo aver firmato regolare foglio per la tutela della privacy, che è di garanzia per chi lo firma e per chi lo emette. L’unione fa sempre la forza e se un giorno tutte le persone che hanno subìto questa proposta venissero unite per una denuncia comune, cadrebbe qualsiasi possibilità di soprusi futuri perpetrati da detto gruppo.

Silvana Radoani

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