Millenarismo e cristianesimo

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«Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa…» (Mt. 24, 36); non si può dire che questo insegnamento evangelico sia stato molto ascoltato, visto che, nel corso dei secoli, il numero di quanti hanno creduto di poter dire con assoluta certezza il giorno, l’ora o il modo del ritorno di Cristo è decisamente elevato.

            «Mille non più mille» diceva una famosa profezia e grande  è stato il panico e l’ansia di morire che si sono creati attorno all’anno mille e ora vengono ripresi, con ancor maggiore intensità, all’avvicinarsi dell’anno duemila.

            Inutile dire che quest’ansia è mutuata dalla corrente spirituale New Age che però rovescia i parametri di “fine del mondo catastrofica” per fornirne una spiegazione più rosea, affermando che dall’anno duemila vi sarà l’instaurazione di un regno di pace e di felicità duratura.

            Il millenarismo si caratterizza in mille rivoli diversi: cerchiamo di comprendere meglio cosa si intende con questo termine.

            Henri Desroche, nel suo saggio Dieux d’hommes, collega strettamente millenarismo con messianismo, definendo il millenarismo come «un movimento socio religioso che veicola la credenza religiosa nella venuta di un Redentore che metterà fine all’ordine attuale delle cose, sia in modo universale sia per gruppo isolato e che instaurerà un ordine nuovo fatto di giustizia e di felicità».

            Questa definizione però non è sempre attendibile poiché vi sono molti movimenti che non identificano assolutamente la fine millennio con la venuta di un Messia.

            Talora la parola millenarismo viene utilizzata con un riferimento rigoroso al quadro etimologico in cui è sorta, che si ricollega all’idea di un regno di mille anni dei Santi con il Cristo dopo la prima risurrezione, come in Apocalisse 20, 2-7. Altre volte l’attenzione viene attirata soprattutto dalla sociologia dell’attesa: millenaristi sono tutti coloro che aspettano con ansia la fine di questo mondo e la giudicano prossima.

            Diverso è l’atteggiamento di quelli che credono nella trascendenza del fenomeno: annunciano la fine del mondo e la sentono vicina, ma non sanno o non vogliono determinare le modalità precise di questo evento e di quelli che lo seguiranno, contrariamente a un sapere dell’immanenza che, mescolando storia sacra e storia profana, si ritiene in grado di descrivere (spesso fin nei minimi dettagli) quanto avverrà da oggi all’instaurarsi del regno.

            Numerose sette, ma non tutte, sono millenariste, cioè basano la propria professione di fede sull’imminente fine del mondo o sul ritorno di Cristo: dai Testimoni di Geova alla Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, dalle Assemblee di Dio ai Mormoni, dalla Chiesa del Dio Universale agli Avventisti del 7° giorno e tanti altri.

            Ma la forza del millenarismo vive – soprattutto negli Stati Uniti – all’interno delle religiosità tradizionali, e più ancora nel vasto mondo del protestantesimo evangelico e pentecostale.

            Anche alcuni movimenti cattolici, che hanno preso l’avvio da gruppi protestanti o pentecostali, racchiudono al proprio interno idee millenaristiche e messianiche, con tutta la difficoltà di accettazione del reale pensiero magisteriale della Chiesa cattolica, dando risalto più a fenomeni di veggenza o rivelazioni private che tendono a dimostrare come questo “sistema malvagio” del mondo moderno stia per concludersi e come il ritorno di Cristo su questa terra e del suo regno sia imminente (si veda quante pseudoapparizioni affermano questa ideologia).

            È per queste ragioni che le stime socioreligiose hanno portato all’attenzione generale la percezione che una persona su cinque abbraccia qualche tipo di credenza millenaristica, mentre sarebbe certamente eccessivo sostenere che una persona su cinque aderisce ad una setta.

            Coloro che hanno tentato una tipologia del millenarismo hanno in genere insistito sulla distinzione fra postmillenarismo e premillenarismo. Il premillenarismo attende il ritorno del Cristo prima del Millennio, che solo l’intervento del Signore potrà instaurare. Il postmillenarismo, al contrario, ritiene che il Cristo ritornerà dopo che la Chiesa attraverso la sua predicazione e le conseguenti conversioni avrà guidato gli uomini verso il Millennio.

            La mentalità postmillenarista ha fiducia nell’uomo, i cui sforzi vanno naturalmente verso il Regno: è certo necessario un intervento divino, ma questo avviene in un secondo tempo. Al contrario, nella mentalità premillenarista, l’uomo da solo non sarebbe capace che di provocare catastrofi apocalittiche ed è necessario l’intervento straordinario del Cielo perché la direzione della storia possa volgere al bene.

            Tanti gruppi quindi si identificano con una o l’altra corrente millenarista, cercando di  rispondere alle varie profezie che sono state fatte fino ad oggi (non importa che nessuna assomigli ad un’altra) e soprattutto ad una errata esegesi del brano di Apocalisse 20, 1-10, dove spesso si parla del regno di mille anni.

            Questo brano da invece adito ad un millenarismo cristiano, mettendo innanzi tutto in risalto una forte tensione escatologica. La storia dell’uomo ha uno sviluppo lineare in avanti e tende inevitabilmente verso una conclusione, che comporterà da una parte una scomparsa totale del male e, dall’altra un potenziamento all’infinito del bene. S. Paolo dice che questo si realizzerà quando Dio «sarà tutto in tutti».

            Il segmento della storia in cui i cristiani delle varie generazioni si trovano a vivere rientra nel quadro generale di questo sviluppo in avanti: comunque si realizzi costituisce un passo avanti verso la meta ultima della Gerusalemme nuova.

            Certo la presenza di Cristo è decisiva, e in grado di cambiare davvero la fisionomia della storia, vincendo ogni elemento antagonista; ma tutto questo si realizza attraverso vicende alterne e secondo un progetto che, pur attuandosi nel tempo, rimane sempre nelle sue modalità di sviluppo, un segreto di Dio.

            A monte di ogni forma di millenarismo, radicale o mitigato, c’è sempre una forma di protagonismo da parte dell’uomo che desidera costruire o veder costruito il regno di Dio sulla terra secondo i suoi schemi tangibili, verificabili nel tempo e nello spazio. La nascita e l’espansione di movimenti millenaristici tradisce invece uno stato di disagio sociale che va letto in profondità.

            I cristiani sono tenuti a portare nel mondo una speranza sempre nuova, in unione con il Cristo sempre presente e attivo ma trascendente, e devono sforzarsi di dare ogni giorno il meglio di se stessi, senza pretendere però di controllare il risultato.

articolo pubblicato sulla rivista Myriam nel 1998

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