Violenze

pubblicato in: Antropologia, Articoli, Gruppi, Rom | 0

Qualche giorno fa (marzo 2017) c’è stato un primo incontro con il nostro vescovo riguardo la questione rom, sinti, romanichal, manouches.
Francamente sono rimasta piuttosto sconcertata perchè mi sono trovata con diverse persone sicuramente di buona volontà e di grandissimo cuore ma che, secondo me, partono da un presupposto falso e impossibile quanto ingiusto da adottare: cosa possiamo fare NOI per aiutare o insegnare ai rom.
Sarà la mia formazione antropologica, o sarà anche la mia “diversamente sensibile” sensibilità, ma personalmente non ritengo che noi dobbiamo porci sempre come insegnanti o come coloro che “danno”. Altrimenti resteremo sempre come esseri che si pongono come superiori a loro e che loro combatteranno sempre, perché non si crea dialogo, ma servilismo.
Ho sentito parlare della necessità di creare classi lacio drom, di educarli, di evangelizzarli, ecc… ma di cosa stiamo parlando?
Possibile che sia così tanto impossibile provare a mettersi nei panni loro e pensare a come potremmo sentirci noi davanti a proposte pur generose fatte da chi si sente superiore?

Nonostante siano stati stanziati un sacco di soldi dalla regione Emilia Romagna per ricollocare i rom, non solo i soldi sono spariti come sempre e i rom continuano a essere sgomberati tutte le settimane, ma ora tutto ciò che serve per sopravvivere, soprattutto gli alimenti che pure regaliamo loro, vengono sotterrati sistematicamente dalle ruspe della Polizia e i rom hanno il divieto assoluto di andare a scavare per recuperare qualcosa. Siamo al livello che quasi tutte le mattine ora la Polizia si reca da loro a controllare che non abbiano nulla da mangiare recuperato dagli scavi e se trovano qualcosa a loro subiscono l’interrogatorio su chi lo ha loro fornito. Loro, per difendermi non hanno fatto finora il mio nome, subendone pure ulteriori conseguenze, ma io ho detto che la prossima volta non solo mi chiamino quando arriva la Polizia, ma soprattutto dicano che sono stata io a dare loro il cibo o qualche vestito, che poi me la vedo io. E’ impossibile pensarci uomini civili e non indignarsi per cose simili: sono persone prima che ogni altra cosa!

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Quando ho cominciato questa avventura tra i rom, così per caso, mai avrei pensato di trovarmi davanti a un mondo simile. Quando penso a loro mi viene in mente una cosa sola: la condanna alla non-esistenza.
Non hanno diritto di vita e questo è tutto.

Io invece sono stata più che ben accolta e direi persino protetta da loro, ho fatto amicizia con tutti nel piccolo fazzoletto di terra che occupano e finora non mi sono mai accorta di illeciti o reati, eppure ci sono andata ormai decine di volte, a tutte le ore, anche quando nel campo non c’era nessuno e quindi avrei potuto trovare di tutto, o la sera quando tutti erano presenti.

Sono più arrabbiata io di loro ora, forse perché loro ci sono abituati, o meglio li abbiamo costretti da sempre in questi regimi di vita, ma io non pensavo possibili cose simili, davvero non pensavo.

Almeno una volta a settimana vengono abbattute le loro tende e ora sotterrato tutto con le ruspe: vestiti, cibo, acqua, coperte….tutto. E viene dato loro l’ordine di non andare a scavare per recuperare nulla, neanche le patate o le bottiglie ancora chiuse. Io e un paio di mie amiche qualche volta portiamo loro qualche cosa da mangiare o da vestire, che viene poi sempre confiscato e sotterrato dalla Polizia la mattina seguente. Queste sono solo persone che devono morire, null’altro è loro permesso.

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E se ho tanta rabbia io perché levano loro quel poco che io mi sento di donare, figuriamoci come devono sentirsi loro che vengono continuamente violentati da tutti.
Se ci fossi io al loro posto aspetterei la Polizia armata almeno di coltelli e tenderei un’imboscata; invece nulla, questi piangono e sono rassegnati, rimboccandosi ogni giorno le maniche.
La cosa più difficile è farli sorridere o meglio ridere: penso che solo io ci riesca qualche rara volta (io gagè, cioè non rom). Qualche sera fa per esempio mi sono seduta con loro per un paio d’ore, al campo, ma sono stata sempre invasa dal fumo che emetteva il piccolo focherello che avevano fatto con le canne adiacenti le tende. Il che li ha fatti divertire non poco e hanno scherzato con me come non li avevo mai visti scherzare.

Quando li incontro davanti alla chiesa o per strada mi corrono incontro e mi abbracciano e mi baciano (soprattutto le donne), tutti si voltano naturalmente ma a me non disturba. Oggi Maria, una delle rom che frequento, mi ha detto che nessuno di loro ha mai conosciuto una persona aperta e sincera come me e, lo dico senza falsa modestia, mi ha fatto un piacere enorme. E sono fiera di essere ritenuta una loro amica, e sono fiera soprattutto che loro mi onorino dell’amicizia e della fiducia.

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